Pillole di storia della fotografia:The family of man

Chi mi conosce lo sa, ho una  grande fissazione per un evento fotografico che rappresenta un pilastro fondamentale da conoscere nella storia della fotografia. Sto parlando della mostra The family of man, allestita al Moma di New York e curata da Edward Steichen. Aprì al  pubblico il 26 gennaio 1955. La mostra battè tutti i record di visite del Moma per le esposizioni fotografiche, cinque mostre girarono 60 paesi e verranno visitate da 9 milioni di persone. La mostra potè girare grazie all”agenzia governativa USIA, dedicata alla diplomazia pubblica, nata per diffondere la cultura e la politica america fuori dai propri confini.

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Steichen inizia a lavorare a questa mostra nel 1952, chiedendo a riviste, associazioni e fotografi l’invio delle fotografie, attraverso una lettera che il direttore userà come prologo del catalogo. Fu aiutato da Dorothea Lange e Wayne Miller, il quale visionò quasi 2 milioni di immagini. La selezione e la scelta furono faticose, Steichen voleva che le 500 fotografie della mostra parlassero con una voce unica. Le fotografie in mostra alla fine sono 503, di 273 fotografi proveniente da 68 paesi.

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La mostra riempiva l’intero secondo piano del museo, in un allestimento molto elaborato, tipico di quegli anni. Oggi è possibile rivivere esattamente questa mostra nel castello medievale di Clerveaux in Lussemburgo, patria natale di Steichen. Qui sono allestite le fotografie originali della mostra del 1955, secondo la disposizione che avevano al Moma, senza cornici, montate su pannelli di masonite con bordi neri. Le fotografie hanno tutti formati diversi tra loro, dal 20×24 ai 3×4 m. Per appenderle vennero usate diverse tecniche:  fissate ad aste, pendenti dal soffitto, appoggiate al pavimento. Suddivisa in 37 sezioni tematiche, ciascuna si apre con una citazione. 

L’obiettivo di Steichen era quello di spingere sul concetto di unità dell’umanità, della grande famiglia dell’uomo, dopo gli anni duri della guerra mondiale e negli anni difficili del Maccartismo.

La mostra che ripercorre diversi temi- natura,, famiglia, nascita, gioco, musica, amore, matrimonio – seguiva un ritmo vario in base alle sezioni, creando un’altalena di emozioni. L’acme era la fotografia dello scoppio della bomba atomica, che spezzava il percorso, colpendo lo spettatore con un grande dramma della storia.

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Seguiva una visione ottimistica, con la fotografia delle Nazioni Unite per finire nella sezione simbolica dedicata all’infanzia, con il tema della speranza e rinascita. Non a casa la mostra si conclude con la fotografia Awork in the paradise garden di Eugene Smith, i suoi due figli che dal buio camminano verso la luce.

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Considero questa mostracon tutte le critiche ed i risvolti politici annessi, una delle più grandi operazioni espositive mai create nella storia della fotografia, che ha rappresentato insieme ad altre mostre come Road to victory un approccio alla curatela ed allestimento che a partire dal 1961 cambierà totalmente con l”arrivo come direttore del dipartimento di fotografia del Moma di John Szarkowski. Nei quindici anni come direttore Steichen ha organizzato 44 esposizioni, e The family of man è l’unica in cui oggi possiamo ancora immergerci a decenni di distanza.

E quando arriveranno tempi migliori, una gita a Clerveaux ve la consiglio, è un’esperienza per me senza paragoni.

Mostra a Clerveaux: https://steichencollections-cna.lu/eng/collections/1_the-family-of-man

Sito Moma: https://www.moma.org/calendar/exhibitions/2429

Informazioni su Luisa Bondoni

Storica e critica della fotografia, curatrice museale, ho fatto della fotografia la mia vita. Tengo lezioni, corsi, workshop, laboratori dedicati alla storia della fotografia, mi occupo della curatela di mostre e redazione di cataloghi. E fotografo quando ho tempo!
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